Che cosa sai dell’autostima? Spesso la prima risposta che ricevo è “che non ce l’ho!”. La buona notizia è che evidentemente sai già cos’è. L’autostima è la percezione del tuo valore personale data dall’amore che hai per te stesso.
Perché hai la sensazione quotidiana di essere privo di autostima? E magari di esserne sempre state privo? Per l’effetto di una carenza prolungata che ha provocato uno shock nella circolazione dell’amore.
Una carenza che si prolunga per anni
Facciamo un esempio chiarificatore. Chi ha attraversato la seconda guerra mondiale ha sperimentato una povertà inimmaginabile in moltissimi settori della vita quotidiana, ma il più colpito è stato senz’altro il cibo. Immagina di vivere una carenza di cibo che si prolunga per cinque lunghi anni. Lo zucchero diventa una rarità, il burro un lusso per chi ha ancora una mucca, il caffè e il cioccolato essendo d’importazione sono scomparsi del tutto. Non mangi più quello che vuoi e nemmeno quanto ne vuoi. Mangi quello che puoi, quando riesci e senza lo spazio per immaginare altro perché il prossimo pasto è già una preoccupazione.
Un’azione compiuta per 21 giorni si trasforma in abitudine
E’ stato provato che se compi un’azione per ventuno giorni questa si trasforma in abitudine. Prova ora ad immaginare cosa succede se un’azione diventa quotidiana, cioè la compi tutti i giorni, settimana dopo settimana, mese dopo mese e anno dopo anno.
Alla fine diventerà non solo il tuo modo di vivere, ma l’unico modo di vivere. Quella carenza è diventata una parte di te. Come le braccia, i denti e il naso. A quella carenza ti sei abituato al punto che la sensazione di mancanza non è più vissuta come un segno di disagio ma come una tua caratteristica. Come il neo che hai sul profilo sinistro. Cos’è successo allora? E’ successo che hai fatto del tuo disagio la tua identità. Tu sei diventato carenza, scarsità, impossibilità. Ti sei identificato con la povertà che hai vissuto.
il bambino si accolla il fallimento
E l’autostima? E’ diventata oro come lo zucchero in tempo di guerra. Ma quale è stata la tua guerra? La tua guerra è stato quel ventennio dagli zero ai diciotto vent’anni in cui le persone che più amavi, mamma e papà, ti hanno dato tutto ciò che gli era possibile. Ma che non è sempre stato ciò di cui avevi bisogno e soprattutto non era nella misura di cui avevi bisogno.
Una famiglia che lavora, che deve tirare avanti in mezzo ai mille problemi della vita quotidiana, spesso non ha il tempo di festeggiare i piccoli e grandi successi di un bambino. Prevalgono i rimproveri sulle lodi, gli urli sugli abbracci e la scarsità del tempo diventa cronica.
Ma cosa capisce un bambino quando non hai tempo per lui?
Cosa dice a se stesso quando non riesce ne con le buone ne con le cattive ad attirare a se le attenzioni di chi ama? Dice a se stesso che non se lo merita. Molto semplicemente un bambino si accolla il fallimento della relazione. E giorno dopo giorno, carenza dopo carenza, questo fallimento diventerà disistima, scarso amore di sé, sfiducia.
La mancanza di amore ha nomi sofisticati
Non mi amo perché non sono stato amato. Non ci credo perché non ci hanno creduto. Questo ho imparato. Questo credo ancora oggi che sia vero. Ma allora come ne esco? Con un profondo risveglio al presente, a cosa c’è adesso. E soprattutto iniziando a darti ciò che non hai ricevuto. Basta con queste parole distanziatrici: chiamami Amore. Io sono Amore, indipendentemente da quanto ne ho ricevuto. La mancanza di amore ha sempre nomi sofisticati: disistima, arroganza, vergogna, indegnità, inferiorità. I mille volti della carenza d’amore.
Quando sono in difficoltà posso alzare le braccia e contemplare la mia mancanza di autostima. Oppure stringermi le braccia intorno al petto e iniziare a sostenere la mia mancanza di amore, passo dopo passo, fino a riscoprire che la guerra è finita, perchè ora ci sono persone accanto a me, tante o poche, che sono felici che io ci sia. E soprattutto perché ora ci sono io, con le tasche piene di zucchero e che, magari non te l’ho detto, ma da oggi ChiamamiAmore.
Irene