Già il “tu credi” meriterebbe sei post da solo ma passiamo oltre e definiamo il concetto buddista di Karma: se non impari dalla lezione precedente la vita te lo proporrà di nuovo.
Io non vedo in questa osservazione un mistero in cui credere. Mi pare piuttosto un’evidenza che tutti viviamo.
Gli irrisolti tornano a presentare il conto, i sospesi ci aspettano riproponendoci le stesse tematiche, ciò che abbiamo trascurato ci chiederà infinite volte di essere curato.
Il punto quindi non è in cosa credi ma quanto sei in grado di collegare le due cose: l’irrisolto e il suo riproporsi.
Se vedi questo legame, una sorta di causa effetto, il karma non ti sembrerà più un atto fideistico ma un’esperienza osservabile in prima persona.
Il fatto poi che questo processo abbia una storia limitata a questa vita, o vada oltre, non è un problema di fede ma di profondità di sguardo.
Noi occidentali chiamiamo questa esperienza di eterno ritorno “coazione a ripetere” (psicologicamente fonte di grande sofferenza perché ci mostra quanto stiamo girando in tondo). La coazione a ripetere è l’impulso inconscio ed istintivo a ripetere un comportamento già adottato nel passato, indipendentemente dalla sua efficacia.
La differenza tra coazione a ripetere e karma è l’ampiezza della prospettiva. Nel primo caso ci si riferisce solo a questa vita nel secondo caso, dando per scontata l’immortalità dell’anima e l’eternità del suo processo evolutivo, ci si estende ad una visione più ampia.
Karma has no menu, you get served what you deserve.
Irene